Il sacrificio. Elemento fondamentale di civiltà e di individuazione

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"Com'è possibile che l'umanità intera, senza nessun accordo, abbia avuto in ogni parte del mondo lo stesso comportamento insperabile, abbia provato il bisogno, o sentito il dovere, di uccidere ritualmente altri esseri viventi? Prima di rispondere, l'"uomo sicuro" ormai può soltanto ascoltarmi, deve sentire il peso di un tale enigma - così come lo sento io. Deve riconoscere - con me - che la morte, il terrore tragico e l'estasi sacra sono parte della sua eredità spirituale, e deve anche riconoscere che, non avendo trovato una risposta, gli uomini ancora ignorano ciò che essi sono".

Combattere la morte, dandola. Ecco il primo grande scopo del sacrificio. Offerenti, sacerdoti e aiutanti tutti, attraverso il rito del sacrificio, compiono un viaggio di andata e ritorno secondo le modalità del "viaggio sciamanico": il passaggio dall'universo profano quotidiano all'universo sacro ed eterno e il ritorno dall'universo sacro a quello profano e mortale. Durante questo viaggio lo status di tutti i partecipanti si trasforma: diventano sacri, vale a dire beneficiano di un "bagno d'eternità", raccogliendo la sfida lanciata dal loro destino di esseri mortali. Attraverso la morte della vittima sacrificale, il sacrificio acquista dunque una dimensione universale cosmica, collettiva, sociale e individuale. Ed è così che Pierre Solié, spaziando dalla Grecia all'India, da Israele al Messico, traccia - partendo dal suo campo specifico, la psicoanalisi didattica e clinica -un excursus di natura storica, etnologica, religiosa e riconosce la funzione psichica e religiosa del sacrificio e il suo ruolo fondamentale nel processo di individuazione della persona - elevandola dallo stato selvaggio di "natura".