I testi qui raccolti sono stati scritti probabilmente tra il 1997 e il 2001. Il filone dei testi intitolati Inventari però non è ancora concluso. Ne sono rimasti fuori alcuni, allo stato ancora gassoso.
Caduta a Seattle è stata scritta pochi giorni dopo la grande manifestazione del 30 novembre 1999, quando migliaia di persone contestarono la terza Conferenza ministeriale dell’Organizzazione mondiale del commercio. Lo spunto mi è stato fornito da una foto pubblicata da il manifesto. Il tono di questo testo, nato da uno sguardo a distanza, è prevalentemente picaresco. Non ho potuto né voluto scrivere Caduta a Genova, dopo le manifestazioni del 20 luglio 2001, dove Carlo Giuliani è stato ucciso da un carabiniere. Qui lo sguardo è troppo vicino e l’orrore così esplicito da sfalsare ogni tono. Questa caduta di uno zanni italiano sotto i colpi di pistola di un carabiniere italiano non può, per ora, divenire emblema né trovare una forma sublimante. I telegiornali hanno mille volte fatto passare avanti e indietro la gip sul corpo disteso, quasi gommificato, di Carlo, e mille volte lo hanno rialzato di nuovo da terra, gli hanno rimesso tra le mani l’estintore, cercando, attraverso questa moviola ossessiva, di carpire l’orrore dell’ammazzamento o di esorcizzarlo per sempre. Ma l’orrore non si cela nell’immagine. Esso è già penetrato dentro di noi e non si lascerà cancellare facilmente.
I testi qui raccolti sono stati scritti probabilmente tra il 1997 e il 2001. Il filone dei testi intitolati Inventari però non è ancora concluso. Ne sono rimasti fuori alcuni, allo stato ancora gassoso.
Caduta a Seattle è stata scritta pochi giorni dopo la grande manifestazione del 30 novembre 1999, quando migliaia di persone contestarono la terza Conferenza ministeriale dell’Organizzazione mondiale del commercio. Lo spunto mi è stato fornito da una foto pubblicata da il manifesto. Il tono di questo testo, nato da uno sguardo a distanza, è prevalentemente picaresco. Non ho potuto né voluto scrivere Caduta a Genova, dopo le manifestazioni del 20 luglio 2001, dove Carlo Giuliani è stato ucciso da un carabiniere. Qui lo sguardo è troppo vicino e l’orrore così esplicito da sfalsare ogni tono. Questa caduta di uno zanni italiano sotto i colpi di pistola di un carabiniere italiano non può, per ora, divenire emblema né trovare una forma sublimante. I telegiornali hanno mille volte fatto passare avanti e indietro la gip sul corpo disteso, quasi gommificato, di Carlo, e mille volte lo hanno rialzato di nuovo da terra, gli hanno rimesso tra le mani l’estintore, cercando, attraverso questa moviola ossessiva, di carpire l’orrore dell’ammazzamento o di esorcizzarlo per sempre. Ma l’orrore non si cela nell’immagine. Esso è già penetrato dentro di noi e non si lascerà cancellare facilmente.