Mentre elaborava le prime visioni notturne e fantastiche delle "Prigioni", Giovanni Battista Piranesi iniziava anche a dedicarsi alle visioni di Roma, nutrendo la propria arte di fruttuose contraddizioni tonali mirabilmente amalgamantisi nei toni dell'acquaforte, sua forma d'espressione pressoché esclusiva.
Attraverso queste vedute l'artista seppe così trasfondere nelle incisioni il potente mito dell'antichità, rappresentando rovine maestose e solenni circondate dalle foglie, invase dall'erba, colte nel contrasto con il tempo presente. La sua Roma, decadente eppure grandiosa, evocatrice e archeologica - consegnata ai due volumi di "Vedute" pubblicati l'anno della sua morte - segna una pietra miliare nell'arte del XVIII secolo, ancora oggi in grado di orientare il nostro sguardo e di farci immaginare e "sentire" lo splendore di un tempo passato e per sempre perduto.
Mentre elaborava le prime visioni notturne e fantastiche delle "Prigioni", Giovanni Battista Piranesi iniziava anche a dedicarsi alle visioni di Roma, nutrendo la propria arte di fruttuose contraddizioni tonali mirabilmente amalgamantisi nei toni dell'acquaforte, sua forma d'espressione pressoché esclusiva.
Attraverso queste vedute l'artista seppe così trasfondere nelle incisioni il potente mito dell'antichità, rappresentando rovine maestose e solenni circondate dalle foglie, invase dall'erba, colte nel contrasto con il tempo presente. La sua Roma, decadente eppure grandiosa, evocatrice e archeologica - consegnata ai due volumi di "Vedute" pubblicati l'anno della sua morte - segna una pietra miliare nell'arte del XVIII secolo, ancora oggi in grado di orientare il nostro sguardo e di farci immaginare e "sentire" lo splendore di un tempo passato e per sempre perduto.