L’ultimo grande imperatore degli Absburgo, il cui persistente mito tramanda la malinconia di una civiltà, la civiltà mitteleuropea – la musica, la pittura, il pensiero, una certa lenta dolcezza del vivere – è interpretato in questa ricostruzione biografica come qualcosa di più del tradizionale crepuscolo di un mondo. È visto anche come la coscienza di quel crepuscolo, trasfigurazione di una sorta di autocoscienza finale dell’Europa, che abbandonando l’Ottocento si lascia alle spalle il suo secolo.
L’ultimo grande imperatore degli Absburgo, il cui persistente mito tramanda la malinconia di una civiltà, la civiltà mitteleuropea – la musica, la pittura, il pensiero, una certa lenta dolcezza del vivere – è interpretato in questa ricostruzione biografica come qualcosa di più del tradizionale crepuscolo di un mondo. È visto anche come la coscienza di quel crepuscolo, trasfigurazione di una sorta di autocoscienza finale dell’Europa, che abbandonando l’Ottocento si lascia alle spalle il suo secolo.